Mons. Adriano Bernareggi
(09 novembre 1884 - 23 Giugno 1953)

"Riguardo ai fatti delle Ghiaie, pur confermando il mio giudizio, tuttavia per la maggior gloria di Dio e della Madonna, desidero che il mio decreto sia sottomesso al giudizio del Santo Padre". ?

    Nato ad oreno il 9 novembre 1884 da una famiglia piccolo borghese, Adriano Bernareggi è l’ultimo di 6 figli. Appena quattordicenne rimane orfano dei genitori. Negli anni della sua adolescenza l’arcivescovo di Milano da disposizioni perché i parroci istituiscano gli oratori estivi. Così fa la parrocchia di Oreno sotto la guida dello zelante don Lugi Marazzani che segue con fervore i giovani e la cui opera da subito frutti di vocazioni sacerdotali. Adriano e suo fratello Domenico, orfani dei genitori, entrano in seminario.
Adriano si laurea in Teologia, Filosofia e Diritto canonico presso la Pontificia Università Gregoriana. Tornati in diocesi viene consacrato sacerdote nel 1907 nella chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo in Oreno. Chiamato da padre Agostino Gemelli, Ottiene la cattedra di Diritto Ecclesiastico all’Università Cattolica di Milano. Scrive numerose monografie che testimoniano la sua attività scientifica e il suo amore per l’arte. Membro attivo e dirigente dell’Azione Cattolica Italiana, viene nominato prevosto a San Vittore al Corpo in Mialo e nel 1931 è consacrato vescovo dal cardinale Schuster nel duomo di Milano. Un anno prima Papa Pio XI lo aveva nominato vescovo titolare di Nissa e coadiutore con diritto di successione di monsignor Luigi Marelli, vescovo di Bergamo, cui succede nel 1936.
Il 18 gennaio 1942 viene nominato assistente al soglio pontificio. Già nominato “virtuoso d’onore” dell’Accademia Pontifica dei virtuosi al Pantheon e commendatore dell’ordine equestre del Santo Sepolcro, nel 1952 ottiene il titolo ad personam di arcivescovo ricevendo dalla sua diocesi, in occasione del ventesimo anniversario della sua consacrazione, manifestazioni di affettuosa devozione.
Il 13 maggio 1944 inizia la straordinaria e dolorosa vicenda delle apparizioni di Ghiaie di Bonate, che si concluderà il 30 aprile 1948 con il suo decreto del "non consta de soprannaturalitate".

 

Il 23 giugno 1953 muore dopo una lunga agonia, assistito dai suoi famigliari, tra cui il fratello Domenico, la cui carriera ecclesiastica era stata altrettanto brillante, essendo diventato vicario generale dell’arcidiocesi nel 1943. L’orazione funebre fu tenuta dal cardinale Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII.
In morte lascia un testamento ove da un lato, quasi a giustifdicarsi, rinnova l' adesione fedele al Dogma dell' Assunzione di Maria e dall' altra domanda al Santo Padre ogni decisione in merito alla futura riapertura della causa di riconoscimento delle apparizioni di Ghiaie. Nella pubblicazione ufficiale del documento i responsabili della Curia omettono volontariamente di pubblicare questa parte.
Si legge però nell’ Eco di Bergamo di quel giorno 25 giugno 1953: “La diocesi di Bergamo è in lutto; con mons. Bernareggi essa perde uno dei più grandi vescovi della sua storia”

(Spunti della biografia tratti da “Storia di Vimercate" di Eugenio Cazzani)

Significato della formula: "non consta della ..."
di Padre Angelo Maria Tentori (mariologo dei Servi di Maria - vivente)

“Purtroppo dobbiamo registrare un forte equivoco, perché molti, anche nel campo ecclesiale, quindi anche da parte di sacerdoti, ritengono che quel giudizio che mons. Bernareggi nel 1948 diede riguardo a queste apparizioni, cioè il “non consta”, sia da considerarsi - come dire - non è vero, cioè le apparizioni non sono mai avvenute, ma sono frutto di qualsiasi altra provenienza. E purtroppo questo equivoco continua e la gente viene ingannata, perché si prospetta davanti alla gente che va a pregare o che crede in queste apparizioni, quasi come una disobbedienza al vescovo, una disobbedienza alla Chiesa. SOSTENERE CHE LA CHIESA ABBIA NEGATO L’AUTENTICITÀ DI QUESTE APPARIZIONI, NON CORRISPONDE A VERITÀ. Infatti, un decreto ecclesiastico va studiato con precisione e sappiamo che la Chiesa ha tre formule per dare un giudizio sulle apparizioni. La prima formula suona così: non consta della realtà soprannaturale. Cioè che cosa significa questo “non consta della realtà”? Questa formula è quella usata dal vescovo di Bergamo, mons. Bernareggi, riguardo alle apparizioni di Bonate. A differenza delle altre due che spiegheremo poi e che esprimono un giudizio definitivo e sicuro, sia positivo sia negativo, questa formula non emette alcun giudizio definitivo. Vuole semplicemente dire che allo stato attuale, cioè al tempo dell’emissione del verdetto, l’autorità ecclesiastica non riconobbe sufficiente valore probativo agli argomenti portati a favore delle apparizioni. Quelli fino ad allora presi in esame non furono sufficienti per emettere un giudizio. Quindi sia chiaro che con questa formula NON SI NEGA che le apparizioni possano essere vere, semplicemente si dice che il giudizio definitivo rimane in sospeso, in attesa di maggiore studio e valutazione dei fatti. Mons. Verzaroli, bergamasco e professore dell’Ateneo Lateranense di Roma, commentò nel novembre 1948 il decreto di Mons. Bernareggi e disse: “L’espressione “non consta della realtà” si può usare anche nel caso che gli argomenti abbiano un valore grandissimo e siano tali da sfatare ogni ragionevole dubbio in contrario, ma date le circostanze speciali in quel dato tempo, l’autorità non crede opportuna una dichiarazione ufficiale”. Sappiamo infatti come allora il clero fosse diviso. “Il decreto lascia quindi una libertà di cui sarà necessario usare con moderazione, perché non avvengano abusi, scandali, disobbedienza, ma teoreticamente la libertà è innegabile, QUINDI QUELLI CHE VOGLIONO NEGARE QUESTA LIBERTÀ AI FEDELI RIGUARDO ALLE APPARIZIONI, SAPPIANO CHE INGANNANO LE PERSONE. PER QUANTO RIGUARDA POI LA CONVINZIONE PERSONALE E IL CULTO PRIVATO, NON C’È ALCUNA PROIBIZIONE, NON AVENDO IL DECRETO FATTO ALCUN ACCENNO IN PROPOSITO. QUINDI PRIVATAMENTE E CON I DEBITI RIGUARDI, CHIUNQUE È LIBERO DI CREDERVI E PUÒ ANCHE CON RETTA INTENZIONE RECARSI NEL LUOGO DELLE APPARIZIONI A PREGARE E LODARE LA VERGINE SANTA”. Per completezza dell’informazione, le altre due espressioni che la Chiesa usa, sono: “Consta della realtà” e “Consta della non realtà”. L’espressione “Consta della realtà” è la formula affermativa, cioè riconosce ufficialmente la solidità e la veridicità degli argomenti e di conseguenza viene autorizzato il culto pubblico nel luogo delle apparizioni. Nell’altra espressione “Consta della non realtà” soprannaturale, è chiaro che la cosa è negativa. Viene ufficialmente affermato che gli argomenti o le prove portate per sostenere la verità delle apparizioni non hanno alcun valore, perché basati o su illusioni o allucinazioni o inganno. La pratica è stata riscontrata quindi come falsa riguardo a quelle apparizioni. C’è da notare che questa espressione “Consta della non realtà” contiene anche la possibilità che il sedicente veggente sia in buona fede. L’equivoco che è apparso, diciamo così per queste apparizioni, è stato il “Non consta della realtà” che molti, anche i sacerdoti, hanno interpretato male. Ora bisogna riconoscere che purtroppo è mancato nella Chiesa uno studio teologico su questi fenomeni, per cui, senza offendere nessuno, non c’è una preparazione adatta per affrontare queste cose; e lo abbiamo visto ultimamente, qualche anno fa, come qualche vescovo espresse la sua non capacità di gestire queste cose. E aveva ragione nel senso che è mancata veramente e manca tuttora nei seminari una preparazione ai sacerdoti riguardo a questo fatto, presente nella Chiesa da secoli; un fatto complesso, un fatto delicato che, essendo presente nella Chiesa, va studiato. Riguardo poi all’autenticità, è proprio necessario che ci sia un’autorizzazione ufficiale e scritta della Chiesa? Sentiamo che cosa disse il Card. Ratzinger in un’intervista concessa a Messori e pubblicata nel libro “Rapporto sulla Fede”. Il Cardinale così si esprime: “Nessuna apparizione è indispensabile alla fede perché la Rivelazione è terminata con Gesù Cristo. Egli stesso è la Rivelazione, ma non possiamo certo impedire a Dio di parlare a questo nostro tempo attraverso persone semplici e anche per mezzo di segni straordinari che denuncino l’insufficienza delle culture che ci dominano, mascherate di razionalismo e di positivismo. Le apparizioni che la Chiesa ha approvato ufficialmente, hanno un posto preciso nello sviluppo della vita della Chiesa nell’ultimo secolo. Mostrano tra l’altro che la rivelazione pur essendo unica, conclusa e dunque non superabile, non è cosa morta, è viva, è vitale. Del resto uno dei segni del nostro tempo è che le segnalazioni di apparizioni mariane, si stiano moltiplicando nel mondo… Uno dei nostri criteri è separare l’aspetto della vera o presunta soprannaturalità dell’apparizione, da quello dei suoi frutti spirituali. I pellegrinaggi della cristianità antica si dirigevano verso luoghi a proposito dei quali il nostro spirito critico di moderni, sarebbe talvolta perplesso quanto alla verità scientifica della tradizione che vi è legata. Ciò non toglie che quei pellegrinaggi fossero fruttuosi, benefici, importanti per la vita del popolo cristiano.”


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