"Riguardo
ai fatti delle Ghiaie, pur confermando il mio giudizio, tuttavia per la
maggior gloria di Dio e della Madonna, desidero che il mio decreto sia
sottomesso al giudizio del Santo Padre". ?
Nato ad oreno il 9 novembre 1884 da una famiglia piccolo borghese, Adriano Bernareggi è l’ultimo di 6 figli. Appena quattordicenne rimane orfano dei genitori. Negli anni della sua adolescenza l’arcivescovo di Milano da disposizioni perché i parroci istituiscano gli oratori estivi. Così fa la parrocchia di Oreno sotto la guida dello zelante don Lugi Marazzani che segue con fervore i giovani e la cui opera da subito frutti di vocazioni sacerdotali. Adriano e suo fratello Domenico, orfani dei genitori, entrano in seminario. Adriano si laurea in Teologia, Filosofia e Diritto canonico presso la Pontificia Università Gregoriana. Tornati in diocesi viene consacrato sacerdote nel 1907 nella chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo in Oreno. Chiamato da padre Agostino Gemelli, Ottiene la cattedra di Diritto Ecclesiastico all’Università Cattolica di Milano. Scrive numerose monografie che testimoniano la sua attività scientifica e il suo amore per l’arte. Membro attivo e dirigente dell’Azione Cattolica Italiana, viene nominato prevosto a San Vittore al Corpo in Mialo e nel 1931 è consacrato vescovo dal cardinale Schuster nel duomo di Milano. Un anno prima Papa Pio XI lo aveva nominato vescovo titolare di Nissa e coadiutore con diritto di successione di monsignor Luigi Marelli, vescovo di Bergamo, cui succede nel 1936. Il 18 gennaio 1942 viene nominato assistente al soglio pontificio. Già nominato “virtuoso d’onore” dell’Accademia Pontifica dei virtuosi al Pantheon e commendatore dell’ordine equestre del Santo Sepolcro, nel 1952 ottiene il titolo ad personam di arcivescovo ricevendo dalla sua diocesi, in occasione del ventesimo anniversario della sua consacrazione, manifestazioni di affettuosa devozione. Il 13 maggio 1944 inizia la straordinaria e dolorosa vicenda delle apparizioni di Ghiaie di Bonate, che si concluderà il 30 aprile 1948 con il suo decreto del "non consta de soprannaturalitate". |
Il
23 giugno 1953 muore dopo una lunga agonia, assistito dai suoi
famigliari, tra cui il fratello Domenico, la cui carriera ecclesiastica
era stata altrettanto brillante, essendo diventato vicario generale
dell’arcidiocesi nel 1943. L’orazione funebre fu tenuta dal
cardinale
Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII.
In morte lascia un testamento ove da un lato, quasi a giustifdicarsi,
rinnova l' adesione fedele
al Dogma dell' Assunzione di Maria e dall' altra domanda al Santo Padre ogni
decisione in merito alla futura riapertura della causa di
riconoscimento delle apparizioni di Ghiaie. Nella pubblicazione
ufficiale del documento i responsabili della Curia omettono
volontariamente di
pubblicare questa parte.
Si legge però nell’ Eco di Bergamo di quel
giorno 25 giugno 1953: “La
diocesi di Bergamo è in lutto; con mons. Bernareggi essa
perde uno dei più grandi vescovi della sua storia”
(Spunti della biografia tratti da “Storia di Vimercate" di Eugenio Cazzani)
Significato
della formula: "non consta della ..."
di Padre Angelo Maria Tentori (mariologo dei Servi di Maria -
vivente)
“Purtroppo dobbiamo registrare un forte equivoco, perché
molti, anche
nel campo ecclesiale, quindi anche da parte di sacerdoti, ritengono che
quel giudizio che mons. Bernareggi nel 1948 diede riguardo a queste
apparizioni, cioè il “non consta”, sia da
considerarsi - come dire -
non è vero, cioè le apparizioni non sono mai avvenute, ma
sono frutto
di qualsiasi altra provenienza. E purtroppo questo equivoco continua e
la gente viene ingannata, perché si prospetta davanti alla gente
che va
a pregare o che crede in queste apparizioni, quasi come una
disobbedienza al vescovo, una disobbedienza alla Chiesa. SOSTENERE CHE
LA CHIESA ABBIA NEGATO L’AUTENTICITÀ DI QUESTE
APPARIZIONI, NON
CORRISPONDE A VERITÀ. Infatti, un decreto ecclesiastico va
studiato con
precisione e sappiamo che la Chiesa ha tre formule per dare un giudizio
sulle apparizioni. La prima formula suona così: non consta della
realtà
soprannaturale. Cioè che cosa significa questo “non consta
della
realtà”? Questa formula è quella usata dal vescovo
di Bergamo, mons.
Bernareggi, riguardo alle apparizioni di Bonate. A differenza delle
altre due che spiegheremo poi e che esprimono un giudizio definitivo e
sicuro, sia positivo sia negativo, questa formula non emette alcun
giudizio definitivo. Vuole semplicemente dire che allo stato attuale,
cioè al tempo dell’emissione del verdetto,
l’autorità ecclesiastica non
riconobbe sufficiente valore probativo agli argomenti portati a favore
delle apparizioni. Quelli fino ad allora presi in esame non furono
sufficienti per emettere un giudizio. Quindi sia chiaro che con questa
formula NON SI NEGA che le apparizioni possano essere vere,
semplicemente si dice che il giudizio definitivo rimane in sospeso, in
attesa di maggiore studio e valutazione dei fatti. Mons. Verzaroli,
bergamasco e professore dell’Ateneo Lateranense di Roma,
commentò nel
novembre 1948 il decreto di Mons. Bernareggi e disse:
“L’espressione
“non consta della realtà” si può usare anche
nel caso che gli argomenti
abbiano un valore grandissimo e siano tali da sfatare ogni ragionevole
dubbio in contrario, ma date le circostanze speciali in quel dato
tempo, l’autorità non crede opportuna una dichiarazione
ufficiale”.
Sappiamo infatti come allora il clero fosse diviso. “Il decreto
lascia
quindi una libertà di cui sarà necessario usare con
moderazione, perché
non avvengano abusi, scandali, disobbedienza, ma teoreticamente la
libertà è innegabile, QUINDI QUELLI CHE VOGLIONO NEGARE
QUESTA LIBERTÀ
AI FEDELI RIGUARDO ALLE APPARIZIONI, SAPPIANO CHE INGANNANO LE PERSONE.
PER QUANTO RIGUARDA POI LA CONVINZIONE PERSONALE E IL CULTO PRIVATO,
NON C’È ALCUNA PROIBIZIONE, NON AVENDO IL DECRETO FATTO
ALCUN ACCENNO
IN PROPOSITO. QUINDI PRIVATAMENTE E CON I DEBITI RIGUARDI, CHIUNQUE
È
LIBERO DI CREDERVI E PUÒ ANCHE CON RETTA INTENZIONE RECARSI NEL
LUOGO
DELLE APPARIZIONI A PREGARE E LODARE LA VERGINE SANTA”. Per
completezza
dell’informazione, le altre due espressioni che la Chiesa usa,
sono:
“Consta della realtà” e “Consta della non
realtà”. L’espressione
“Consta della realtà” è la formula
affermativa, cioè riconosce
ufficialmente la solidità e la veridicità degli argomenti
e di
conseguenza viene autorizzato il culto pubblico nel luogo delle
apparizioni. Nell’altra espressione “Consta della non
realtà”
soprannaturale, è chiaro che la cosa è negativa. Viene
ufficialmente
affermato che gli argomenti o le prove portate per sostenere la
verità
delle apparizioni non hanno alcun valore, perché basati o su
illusioni
o allucinazioni o inganno. La pratica è stata riscontrata quindi
come
falsa riguardo a quelle apparizioni. C’è da notare che
questa
espressione “Consta della non realtà” contiene anche
la possibilità che
il sedicente veggente sia in buona fede. L’equivoco che è
apparso,
diciamo così per queste apparizioni, è stato il
“Non consta della
realtà” che molti, anche i sacerdoti, hanno interpretato
male. Ora
bisogna riconoscere che purtroppo è mancato nella Chiesa uno
studio
teologico su questi fenomeni, per cui, senza offendere nessuno, non
c’è
una preparazione adatta per affrontare queste cose; e lo abbiamo visto
ultimamente, qualche anno fa, come qualche vescovo espresse la sua non
capacità di gestire queste cose. E aveva ragione nel senso che
è
mancata veramente e manca tuttora nei seminari una preparazione ai
sacerdoti riguardo a questo fatto, presente nella Chiesa da secoli; un
fatto complesso, un fatto delicato che, essendo presente nella Chiesa,
va studiato. Riguardo poi all’autenticità, è
proprio necessario che ci
sia un’autorizzazione ufficiale e scritta della Chiesa? Sentiamo
che
cosa disse il Card. Ratzinger in un’intervista concessa a Messori
e
pubblicata nel libro “Rapporto sulla Fede”. Il Cardinale
così si
esprime: “Nessuna apparizione è indispensabile alla fede
perché la
Rivelazione è terminata con Gesù Cristo. Egli stesso
è la Rivelazione,
ma non possiamo certo impedire a Dio di parlare a questo nostro tempo
attraverso persone semplici e anche per mezzo di segni straordinari che
denuncino l’insufficienza delle culture che ci dominano,
mascherate di
razionalismo e di positivismo. Le apparizioni che la Chiesa ha
approvato ufficialmente, hanno un posto preciso nello sviluppo della
vita della Chiesa nell’ultimo secolo. Mostrano tra l’altro
che la
rivelazione pur essendo unica, conclusa e dunque non superabile, non
è
cosa morta, è viva, è vitale. Del resto uno dei segni del
nostro tempo
è che le segnalazioni di apparizioni mariane, si stiano
moltiplicando
nel mondo… Uno dei nostri criteri è separare
l’aspetto della vera o
presunta soprannaturalità dell’apparizione, da quello dei
suoi frutti
spirituali. I pellegrinaggi della cristianità antica si
dirigevano
verso luoghi a proposito dei quali il nostro spirito critico di
moderni, sarebbe talvolta perplesso quanto alla verità
scientifica
della tradizione che vi è legata. Ciò non toglie che quei
pellegrinaggi
fossero fruttuosi, benefici, importanti per la vita del popolo
cristiano.”